Senza impresa non c'è lavoro, se le tasse sono troppo alte l'economia non riparte. Se ne accorgeranno i nostri governanti?
E gli Istituti di Credito dovranno ricordarsi che il loro core business è finanziare le Imprese non dedicarsi alla pura finanza. Quando l'inversione di tendenza?
Questo è l'articolo pubblicato il 15 aprile sul Corriere Della Sera:
ROMA - Si sono suicidati in ventitrè dall' inizio dell' anno, i piccoli imprenditori che non ce l' hanno fatta a sopportare la durezza della crisi economica. Un suicidio ogni quattro giorni. Il dato arriva dalla Cgia di Mestre, l' associazione artigiani e piccole imprese, che sottolinea anche come un' impresa su due chiuda i battenti entro i primi cinque anni di vita. Non regge al mercato, ma soprattutto al peso dello Stato sul mercato, viene prima o dopo stritolata fino ad essere costretta a mollare. «Tasse, burocrazia, ma soprattutto la mancanza di liquidità - dice Giuseppe Bortolussi, segretario di Cgia Mestre - sono i principali ostacoli che costringono molti neoimprenditori a gettare la spugna anzitempo. È certamente vero che molte persone, soprattutto i più giovani, tentano la via dell' impresa in proprio senza avere il know how necessario, tuttavia questo è un segnale preoccupante anche alla luce delle tragedie che si stanno consumando in questi ultimi mesi». Tra i 23 suicidi di piccoli imprenditori di questa prima parte del 2012, 9 sono avvenuti in Veneto, il 40 per cento del totale, un triste primato che colpisce una regione che è sempre stata «motore» dello sviluppo economico per la piccola e media impresa. Domani a Vigonza, in provincia di Padova, nascerà l' Associazione familiari imprenditori suicidi, ma intanto la crisi travolge sia il Nord sia il Sud e la lista stilata dagli artigiani registra tre suicidi in Puglia, e altrettanti in Sicilia e Toscana (venerdì un manager di 42 anni si è tolto la vita gettandosi sotto un treno a Sesto Fiorentino); nel Lazio si sono ammazzati in due, una vittima anche in Lombardia, una in Liguria e una in Abruzzo. «Il meccanismo si sta spezzando - continua Bortolussi -. Questi suicidi sono un vero grido di allarme lanciato da chi non ce la fa più. Le tasse, la burocrazia, la stretta creditizia e i ritardi nei pagamenti hanno creato un clima ostile che penalizza chi fa impresa. Per molti, il suicidio è visto come un gesto di ribellione contro un sistema sordo e insensibile che non riesce a cogliere la gravità della situazione». Sempre la Cgia presenta un raffronto drammatico tra il 2004 e il 2009. Se nel 2004 le aziende che non superavano i 5 anni di apertura erano il 45,4 per cento del totale (Lazio 51,1 per cento, Campania 49,8 per cento, Calabria 49,1 per cento, Sicilia 48,3 per cento); cinque anni dopo la percentuale sale a 49,6 per cento (Lazio 54,6 per cento, Sicilia 51,9 per cento, Calabria 50,4 per cento e Liguria 50,1 per cento. La situazione descritta preoccupa ancor di più e si considera, sottolinea ancora la Cgia di Mestre, che il 58 per cento dei nuovi posti di lavoro è creato dalle imprese con meno di 10 addetti e che, come risulta dai dati Istat, il 60 per cento dei giovani italiani neoassunti nel 2011 è stato assorbito dalle micro imprese con meno di 15 addetti. «È chiaro che il governo - conclude Bortolussi - non può non intervenire abbassando il carico fiscale sulle imprese e in generale sul mondo del lavoro, altrimenti sarà difficile far ripartire l' economia del Paese». Anche l' Istat comunica dati critici sulla situazione dei suicidi «economici». Ma meno drammatici, tenendo tuttavia presente che ci si riferisce al 2010 e non agli ultimi due anni, che sono quelli nei quali la crisi si è fatta più sentire: nel 2010 le persone che si sono tolte la vita per motivi economici sono state 187, 182 uomini e cinque donne, un numero inferiore rispetto al 2009, quando erano state 198. RIPRODUZIONE RISERVATA (15 aprile 2012) - Corriere della Sera